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Don’t miss it!

Numero minimo di partecipanti: 8 persone.

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Warm-up: why & what.

Qual’è la parte dell’allenamento che più di tutte viene spesso sottovalutata?!
Per me la risposta è molto semplice: il riscaldamento.

Che si parli di atleti, amatori, discipline sportive o semplicemente fitness, succede tante volte che si inizia una seduta di allenamento senza aver completato un adeguato warm-up.
E la colpa, diciamoci la verità, è un pò anche di noi professionisti del settore, che spesso bistrattiamo questa parte, dedicando poco tempo al riscaldamento, e spesso con proposte inadeguate o poco motivanti.

Quando ho fatto la certificazione CFSC di Boyle, la parte che più di tutte mi ha impressionato, è stato proprio il riscaldamento. Da Boyle, il warm-up è curato in maniera maniacale, quasi come se fosse l’obiettivo primario dell’allenamento.
Per farvela breve, stando ai loro protocolli, su 60 minuti di allenamento, 30 vengono dedicati al riscaldamento e al movement preparation.

Credo che il punto chiave sia questo: il warm-up è una preparazione al movimento che andremo a compiere.
Il nostro obiettivo primario quando alleniamo una persona, di qualsiasi età e livello, deve essere quello di far stare bene il soggetto, mettendolo in condizioni di sicurezza, sessione dopo sessione.

Quindi? A cosa serve il riscaldamento? La faccio breve, tanto lo sappiamo tutti (più o meno).

Da definizione, è una pratica eseguita prima della prestazione fisica-sportiva, per consentire al corpo di riuscire ad affrontare il vero e proprio allenamento nelle migliori condizioni possibili, preparandolo, migliorando la prestazione fisica e riducendo il rischio di infortuni.

Quindi, innalzamento della temperatura corporea, aumento dell’approvvigionamento del sangue, attivazione del sistema nervoso centrale ecc.

Ultimamente, ho cambiato parecchio i miei protocolli di warm-up, per tutte le persone che seguo, atleti e non che essi siano.
Mi piace vedere il riscaldamento come quella parte dove poter inserire delle tecniche semplici, che permettono di generare benessere, finalizzato non solo all’allenamento che devo andare a svolgere, ma sopratutto alla quotidianità.

Andiamo al pratico, come lo impostiamo?
Quattro punti chiave.

1 – SOFT TISSUE WORK: foam rolling e simili. Migliorare i tessuti muscolari, creando lunghezza nei tessuti molli, per migliorare la qualità della fase di stretching successiva.
Glutei, intra ed extra-rotatori dell’anca, catena posteriore, adduttori, zona toracica.

 

 

2 – STRETCHING: migliorata la qualità dei tessuti, si può cercare di creare allungamento nelle catene muscolari.
Hamstring, flessori e rotatori d’anca, adduttori, glutei.

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3 – ACTIVATION WORK: attivare gruppi muscolari e articolazioni interessate, andando a rispettarne la loro funzione di mobilità o stabilità. Caviglia, ginocchio, anca, toracica.

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4 – DYNAMIC WARM-UP: incrementare lo stress muscolare e articolare con movimenti dinamici, alzando la temperatura corporea. Esercizi di flessibilità, slanci, andature, ma anche jumping, squatting, lunging. È necessario stimolare la pliometria e la velocità, con esercitazioni in linea, laterali o cambi di direzione, per preparare il corpo al lavoro.

 

Qui, potete trovare un esempio di un warm-up completo, che rispetti questo tipo di impostazione e che prepari in maniera adeguata al movimento. Provalo subito e inseriscilo nei tuoi allenamenti!

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Sci e sport invernali: non farti cogliere impreparato!

“L’estate sta finendo!”, cantava Righeira.
Settembre è arrivato, la scuola è ripresa e l’inverno è alle porte (più o meno dai).

E allora se siete amanti degli sport invernali, conviene iniziare a fare un pensierino per arrivare preparati. Non solo con l’attrezzatura più ganza della stagione, che si sa che piace a tutti, ma anche e soprattutto arrivare pronti da un punto di vista fisico.

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L’errore più comune da sportivo amatore, è quello di affrontare qualsiasi tipo di attività senza minimamente pensare ad avere un grado di allenamento decente, che a volte può anche non essere indispensabile per concludere si l’impegno, ma diventa fondamentale per svegliarsi la mattina successiva con tutte i pezzi al proprio posto.

Non mi alleno da 3 mesi, la massima attività fisica svolta è lo zapping o l’eating, ma ho voglia di fare una bella corretta. Metto le scarpe e mi sparo un bella oretta di corsa. Ovviamente app di tracking attiva, e condivido tutto sui social.
Un grande classico, l’errore più grosso della vostra vita.

Troppo spesso sottovalutiamo il fatto che il nostro organismo necessita di un adeguato allenamento, di determinate condizioni per poter svolgere un’attività che non comprometta la propria salute. E questo, con lo sci, succede un anno si e l’altro pure. Appena aprono gli impianti non si vede l’ora di montarsi scarponi e sci ai piedi e ci si butta giù dalle piste. Ovviamente, se l’ultima performance fisica risale alla stagione precedente, non importa e si va.

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Per dare un pò i numeri, la letteratura dice che i casi di lesione sono per il 67% degli uomini, contro il 33% delle donne. Al primo posto, con il 67%, gli incidenti di caduta, al secondo, con il 17% gli incidenti da collisione. La lesione più comune è lo stiramento dei legamenti al ginocchio. Di questi, il 44% non si riprende completamente dopo due anni e mezzo. Ok, don’t panic!

Toccate pure tutto quello che vi pare, ma forse un pò di prevenzione male non fa. E quantomeno diminuire il rischio di possibili traumi, fastidi, postumi, che potrebbero tormentarvi una volta che si torna a casa.

Stando sempre allo stato dell’arte, gli autori affermano che “la prevenzione dovrebbe concentrarsi sull’evitare una rotazione tibiale interna forzata, in combinazione con una posizione del ginocchio in valgo“. Eh?!
Per spiegarvela, bisogna evitare che il ginocchio cada internamente, nel mentre il nostro piede rimane bloccato a terra, in questo caso dentro lo scarpone.
Il nostro corpo è un insieme di articolazioni, ognuna delle quali con una funzione precisa e, quindi, con particolari necessità di allenamento. Il ginocchio ha bisogno di stabilità. Come intervenire per salvaguare le nostre ginocchia?

Il meccanismo lesivo più comune al ginocchio, è dovuto ad una adduzione e rotazione interna delle anche. Si dice spesso che nella vita è tutta una questione di culo, o ce l’hai o te lo fanno, e questo è un caso esemplare. I glutei sono fondamentali nello stabilizzare il ginocchio. Un loro deficit implica una riduzione del controllo dei muscoli dell’anca e del ginocchio, provocando compensi e sovraccarichi. Quindi più le nostre chiappe sono deboli, più anca e ginocchio sono esposte a rischi.
Il gluteo medio è il principale abduttore dell’anca sul piano frontale.
Il grande gluteo è il principale estensore della coscia sul bacino a ginocchio esteso, svolge un’azione stabilizzante del ginocchio, riduce il carico su ACL, migliora la stabilità di bacino e colonna, mantiene il corretto allineamento di coscia e bacino e agisce sul controllo dell’adduzione e rotazione interna della cosciaL’utilizzo di esercizi diretti ai glutei permette di recuperare il loro reclutamento, con effetti positivi sulla forza degli arti inferiori.
Insomma, mi sembra ci siano parecchi motivi validi per farvi un pò di culo, scaricare le vostre ginocchia e le vostre anche, e affrontare con più serenità la vostra sciata. Come procedere?

Sicuramente nel nostro programma di pre-sciistica non devono mancare i due movimenti principi per gli arti inferiori, cioè esercizi anca-dominanti e ginocchio-dominanti.

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Se parliamo di anca-dominante, intendiamo tutti i movimenti imperniati sull’anca, quindi deadlift e tutte le sue varianti.
Senza dover per forza approcciarsi a uno stacco come un atleta olimpionico, tutte le varianti di deadlift pattern a corpo libero, sono un buon compromesso da inserire nel proprio workout, anche solo come attivazione, per reclutare in maniera corretta i glutei e i femorali, mantenendo un adeguata stabilità lombare. Si può poi passare al kettlebell deadlift per rinforzare lo schema motorio.
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Se parliamo di ginocchio-dominante, intendiamo tutti i movimenti imperniati sul ginocchio, quindi squat e affondi in tutte le salse. Anche qui, un bilanciere da 100kg non è la soluzione migliore, ma progredire correttamente con un’accosciata a corpo libero può essere la soluzione adeguata. Fortemente consigliate: le minibands!
Le minibands sono quegli elastici circolari. Si trovano veramente ad un costo irrisorio, e possono essere un grande strumento per incrementare il coinvolgimento dei glutei, correggere il valgismo di ginocchio e migliorarne la sua stabilità.

Come intervengono le minibands? Si chiama RNT, Reactive Neuromuscolar Training.Enfatizzando l’errore, si costringe il soggetto a reagire ed auto-correggersi. La miniband attorno alle ginocchia stimola l’adduzione, il soggetto reagisce con un’abduzione. E vi garantisco che le vostre chiappe bruceranno.
Ottimi solo gli esercizi di abduzione dell’anca con miniband al ginocchio. Si possono poi utilizzare per uno squat a corpo libero, e infine rinforzare lo schema con un goblet squat.

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Lo so cosa state pensando. Che palle sta prevenzione, io voglio solo sciare più veloce!

E allora stay tuned, nella seconda parte dell’articolo troverete qualche consiglio su come migliorare la vostra performance da sciatori della domenica.
Ma non dimenticatevi che “prevenire è meglio che curare“, e spesso un’adeguata prevenzione può migliorare la nostra qualità di movimento, incrementando la nostra performance senza fare l’allenamento più stressante della storia.

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CFSC – Certification with Real Education.

Venerdì sono stato a Firenze, partecipando al corso Certified Functional Strength Coach.
Per chi non sapesse di cosa sto parlando, CFSC è la certificazione internazionale della scuola di Mike Boyle, uno dei riferimenti mondiali per quanto riguarda lo strength & conditioning.
Era un corso a cui ambivo e che sognavo, sperando che un giorno fosse sbarcato anche in Italia.
E allora succede che in una noiosa mattina di Luglio, scrollando Facebook scopro che Life Changer Academy avrebbe ospitato il corso a inizio Settembre. Non ci penso due volte, 3, 2, 1 e sono iscritto. Coinvolgo il mio amico e collega Matteo, e via si parte per Firenze!

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Direttamente dagli USA, il metodo CFSC è attualmente uno dei migliori metodi presenti nel panorama della preparazione alla forza funzionale. E già questo bastava per farci gasare come dei leoni! Aggiungeteci che avremmo partecipato alla seconda data in Italia, e si arriva facile facile a sentirsi dei Super Sayan!

Ore 8.30, siamo pronti in Moving Studio per iniziare. Docente del corso Marco Sanchez, uno dei membri di Movement As Medicine, ovvero uno che “every human should move well and move often“. Partiamo subito e iniziamo con del Rolling!
La mattinata prevedeva lo sviluppo e la pratica di tutta la parte di warm-up. Myofascial release, stretching, correctives strategies, plyometrics and power. Come utilizzarli, quali progressioni e regressioni, su quali punti focalizzarsi e come inserirli nella routine di allenamento.
Il corso ha un taglio solo ed esclusivamente pratico, con un approccio da veri professionisti! Niente parte teorica, si fa solo ed esclusivamente pratica.
Marco spiega e dimostra, noi proviamo e riproviamo fino ad avere una buona esecuzione, come se ci stessimo allenando.
Devo ammettere che, in tutti i corsi a cui ho partecipato fino ad oggi, l’unico corso in cui avevo trovato un approccio simili era quello di FMS. Americani, starete pensando! Effettivamente è cosi.

Piramide completa

Pausa pranzo rapida, e nel pomeriggio si parte con la parte di strength, analizzando uno per uno tutti gli schemi motori e gli esercizi che li rappresentano. Deadlift, squat, push-up, press, row, chin-up, anti-rotation, anti-extension. Come sopra, proviamo tutto per filo e per segno, cercando di memorizzare i dettagli di ogni baseline e di tutte le progressions and regressions.

Terminata questa parte, si passa all’esame!
La parte teorica l’avevamo già svolta a casa, prima del corso, con un quiz online. Libro di Boyle, e una libreria di almeno 5-6 ore di video disponibili nell’area riservata.
La parte pratica prevedeva 5 domande, 3 sulla parte strength e 2 sulla parte warm-up and drills. 13 punti a disposizione, bisognava totalizzarne 11 per essere certificati.
Io e Matteo senza perdere troppo tempo veniamo interrogati come secondi. Chiudiamo con un ottimo 13/13 e ci intaschiamo la certificazione. Marco mi chiede deadlift, push-up, anti-extension, bear crawl e hip mobility, con il relativo coaching, quindi spiegazione e dimostrazione come se stessi spiegando a un cliente, e progressioni e regressioni per rendere l’esercizio più o meno difficile. Chiudiamo alla grande una giornata impegnativa e siamo pronti per tornare alla base contenti ed entusiasti!

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Al di là della certificazione intascata, visto anche l’importanza che ha a livello internazionale, siamo tornati contenti di aver preso parte a un corso davvero formativo. Poche perdite di tempo, precisione e massima chiarezza sui punti chiave, tanta pratica con conseguente facilità nell’assimilare i concetti e nel comprenderli, e sopratutto il portare a casa un metodo.
Tante volte, quando si partecipa a un aggiornamento, la paura più grande è quella di uscire dalla porta dell’aula con della grande aria fritta e chiedersi “quindi?!”.
Con CFSC non è successo, con CFSC si porta a casa un metodo di lavoro ben delineato!
Lo consiglio fortemente a tutti i colleghi e addetti ai lavori, consigliandovi anche di farvi un’idea prima del corso di che cosa sia realmente il Functional Training.

Uno degli aspetti più interessanti, è che Boyle è riuscito a strutturare un metodo completo, dalla A alla Z, finalizzato a curare ed insegnare la qualità del movimento, per prevenire gli infortuni, stare meglio e vivere meglio. Con chi è utilizzabile? Con chiunque! Incredibile, vero? Eppure vi posso garantire che è un metodo adattabile a tutti, dai bambini agli anziani, dagli sedentari agli atleti. E questo credo sia uno dei punti più forti che rende la scuola di Boyle uno dei riferimenti a livello mondiale.

Non solo risulta adattabile alle diverse tipologie di clienti, ma è adattabile anche ai diversi tipi di contesto e sport.
Il Functional Training ha un approccio aspecifico. E questo va sottolineato, perché spesso anche noi addetti ai lavori ci facciamo trarre in inganno.
Allenamento Funzionale non vuole significare che sia un allenamento funzionale per un determinato sport o attività, progettando esercizi o movimenti che riproducano gesti simili a quelli dello sport praticato, da svolgere con dei sovraccarichi.
In realtà l’approccio funzionale prevede una programmazione, una metodica di allenamento che rimane identica indipendentemente dalla disciplina praticata.

L’allenamento funzionale, quello vero, può essere definito come una metodologia di allenamento fisico che rispetta e rafforza le FUNZIONI ARTICOLARI (mobilità e stabilità), allenando gli SCHEMI MOTORI, con esercizi che cercando di integrare il sistema nervoso, muscolare e scheletrico, SENZA UTILIZZARE MACCHINARI ISOTONICI.

“Functional training programs train movements, not muscles” (M. Boyle). 

Insomma, un corso sensazionale, ideale per iniziare al meglio la nuova stagione, con tanti spunti nuovi e sopratutto con la voglia di offrirvi ogni giorno un servizio migliore e all’altezza dei vostri bisogni!

Vuoi provare l’allenamento funzionale? #EPIC e #CHECLASSE fanno al caso tuo!
Ti aspetto!!

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